La Sentenza arbitrale promulgata da Ferdinando II d'Aragona a Guadalupe nel 1486, è uno dei documenti di maggior importanza del suo regno e una delle migliori testimonianze della sua abilità politica. il conflitto che vedeva avversi i signori della Catalogna con i loro contadini chiamati "de remensa" (dal latino redimentia, quelli assegnati alla terra che coltivavano e dalla quale non potevano svincolarsi senza pagare al signore la loro “redenzione”) si erano infervorati alla fine del XIV secolo, dando luogo a successivi accessi di violenza che interessarono la maggior parte dei territori rurali catalani, con gravi conseguenze sociali ed economiche.
I re d'Aragona, a partire da Giovanni I (1387-1396), mantennero in generale una politica a favore di questi contadini, benché mutevole secondo le circostanze politiche del momento. Questa politica si concluse con la sentenza interlocutoria di Alfonso il Magnanimo, del 1455, che sospendeva la prestazione dei cattivi usi — provvedimento che determinò l'aggravamento delle insurrezioni contro i signori. La Guerra civile contro Giovanni II (1462-1472), nella quale i contadini si schierarono a favore del re, complicò ancora di più la situazione, con un'insurrezione volta ad attaccare direttamente i diritti dei signori. Alla fine Ferdinando il Cattolico, nonostante i titubanti inizi e a seguito di lunghe e complicate trattative, riuscì ad obbligare le parti ad esigere " arbitro arbitratore e amichevole compositore" per dirimere il conflitto in modo non impugnabile e rendere così giustizia e pacificare il principato, preferendo l'uguaglianza all'interpretazione letterale delle leggi.
La sentenza promulgata presso il monastero di Guadalupe dinanzi ai rappresentanti dei signori e dei contadini, divisa in 32 capitoli, aboliva la remensa e gli altri cinque cattivi usi, oltre ad altri diritti abusivi introdotti da questa consuetudine, senza che ciò arrivasse ad intaccare il sistema signorile nella sua totalità. In qualità di compensazione, stabiliva diversi pagamenti che i contadini avrebbero dovuto erogare secondo modalità e termini dettagliati. La sentenza contemplava inoltre il castigo esemplare dei capi delle rivolte, nonché il pagamento di indennizzi e sanzioni per i danni arrecati durante le insurrezioni. Infine venivano stabiliti gli emolumenti dei funzionari regi che erano intervenuti nelle trattative e nella preparazione della sentenza, capitanati dal Vice Cancelliere dell'Aragona, Alfonso de la Cavallería, che sarebbero state corrisposti da signori e contadini.
Sebbene non fu facile né immediata la pacificazione dell'ambiente rurale catalano, la decisa iniziativa di Ferdinando II e dei suoi emissari ottenne l'effettiva accettazione della sentenza dalle parti e la sua esecuzione, combinando le misure di repressione e grazia. La sua applicazione fu avviata a partire dal 1488, quando i rappresentanti dei contadini si fecero carico della riscossione delle quantità pattuite, e successivamente con la pubblicazione nel 1493 di un'interpretazione della sentenza che chiariva i dubbi sollevati. Nonostante la valutazione globale della sentenza di Guadalupe continui ad essere oggetto di dibattito, sembra innegabile che agli inizi del XVI secolo poteva ritenersi risolto definitivamente il problema dei contadini ed abolita la servitù contadina.
La sentenza di Guadalupe fu redatta in spagnolo, pur presentando numerosi termini in catalano. L'Archivio della Corona d'Aragona custodisce sia la pergamena originale, proveniente dal fondo della Generalitat o Amministrazione della Catalogna (ACA, Generalitat, pergamena, 745), che il registro della cancelleria corrispondente in cui lo stesso testo fu consegnato (ACA, Cancelleria, Registri, 3549, ff. 156v-175r). D'altro canto, l'importanza della sentenza e la necessità di promuoverne la massima diffusione favorirono l’immediata traduzione in lingua catalana, che fu pubblicata a più riprese tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI. L'ACA conserva altresì un esemplare dei due incunaboli (pubblicati prima del 1500) conosciuti. L'edizione più antica è autenticata con una nota manoscritta dell'archivista Pere Miquel Carbonell in data24 agosto 1487 (ACA, Collezioni, Memoriali, 67, p. 108-115).